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Approfondimento: il cosmatesco in Sicilia.

I pavimenti cosmateschi si son quindi sviluppati in primo luogo a Roma e nel Lazio, per poi diffondersi, anche con varianti compositive e stilistiche, in altri centri dell'Italia centrale e meridionale. Troviamo quindi anche pavimenti siciliani, con lo stile cosmatesco: soprattutto quelli realizzati nel periodo normanno a Palermo (Martorana, Cappella Palatina, San Cataldo, Cattedrale) e Monreale. Questi esemplari si distinguono per il largo impiego di dischi di porfido, direttamente importati da Roma. In Sicilia non si trovano, però, le sequenze di cerchi intrecciati tipiche della produzione romana. La decorazione è invece caratterizzata da grandi fasce che si intrecciano a formare figurazioni geometriche squadrate, con linee spezzate di gusto islamico, a volte liberamente disposte sulla superficie, all'interno delle quali sono inseriti i dischi di porfido: segno di un'originale elaborazione locale dei modelli romani e campani. 

La produzione siciliana quindi si collega da un lato agli esempi campani per la presenza di inserti figurati (S. Maria dell'Ammiraglio, o della Martorana, di Palermo), ma mostra dall'altro un sensibile influsso delle geometrie islamiche a linee spezzate (Cappella Palatina e S. Cataldo a Palermo, duomo di Monreale).

Una contaminazione di culture che a loro volta derivano da altre contaminazioni, danno luogo al sincretismo che conosciamo in Sicilia…. Sappiamo che tra la seconda metà del XII e l’inizio del XIII secolo vi è una consistente penetrazione in Occidente delle dottrine filosofiche e scientifiche greche, arabe ed ebraiche. Nel Medioevo, attraverso la Spagna e la Sicilia giunsero dunque in Europa le tecniche, le scienze, la filosofia che gli arabi avevano ereditato dai Greci, dagli Indiani, dai Persiani, dagli Egiziani, dagli Ebrei. All’interno del monoteismo islamico, che proibisce la rappresentazione di Dio in qualsiasi forma, la geometria è l’unico modo lecito di mettere in comunicazione la realtà umana con la trascendenza divina.Nell’Islam la geometria è sia il mezzo che il fine della creazione artistica ed è utilizzata sia per evocare associazioni mentali che per spiegare concetti del tutto astratti e matematici come l’infinito.

Il Duomo di Monreale mette insieme componenti ed influssi diversi, arabi, bizantini, normanni… ciò si traduce sia a livello simbolico sia nel trattare le superfici costruttive in modo unico.

L’arcivescovo Francesco Testa, riferendosi alle esecuzioni pavimentali del Grande Presbiterio del Duomo di Monreale definisce gli aspetti che distinguono il sectile dal tessellatum:

«Questa sorta di pavimento dicesi in Latino sectile; e differisce da quello, che dicevasi tassellatum in ciò, che questo è composto di sole pietre quadrate; laddove il sectile costa di pietre di ogni figura»

Ogni pezzo del sectile ha un’identità morfologica, con la quale partecipa alla scrittura complessiva del testo visivo.

Nel sectile i pezzi di marmo, tagliati in forma, sono accostati gli uni agli altri senza lasciare uno spazio intermedio, come avviene invece nel tessellato.

Riguardo al sectile geometrico possiamo dire che vi è una pluralità di forme geometriche dei pezzi impiegati nella composizione delle opere, la precisione geometrica e la perfetta regolarità di taglio di ciascun pezzo, la compattezza di assemblaggio delle crustae in fase di materiale esecuzione dell’opera.

Scrive Oddo in riferimento agli studi sugli schemi geometrici del pavimento del Duomo di Monreale: “Sotto il profilo del livello di coinvolgimento della matematica, viene dunque a determinarsi una certa contiguità operativa tra l’ambito architettonico e l’ambito delle strutture figurative piane a motivi geometrici in opus sectile. In entrambi i casi lo strumento matematico, incidendo nella determinazione dimensionale delle forme, ne garantisce la condizione di concreta attuazione. In entrambi i casi il numero, costituendo l’opzione realizzativa della forma, ne rende possibile anche il suo manifestarsi in ambito estetico, del quale l’opera, per definizione, è parte”

Scrive l'abate D. B. Gravina [Il duomo di Monreale, Palermo, 1859-1869, pag. 79]: «Oltre al mosaico lavorato con pietre, e paste di vetro tagliate all’ingrosso, e fermate con calce sul muro, altro genere ve ne ha, … Tale genere, essendo destinato a formare dei disegni geometrici, composti da linee rette, e da triangoli e quadrati, e rombi ecc., i quali devono esattamente combaciare fra loro, non può essere trattato all’ingrosso, ma i pezzi hanno bisogno essere ridotti con la ruota alla esattezza degli angoli richiesti. È per questo che noi gli abbiamo detti mosaici ruotati. Grandissimo uso di tale specie di mosaico fecero i Bizantini, e tutte le chiese del medio evo ne sono soprabbondanti, e negli altari, e nei cibori, e nelle cattedre, e nei muretti liturgici, e negli amboni, ed in generale in tutti gli oggetti di marmo, che decorano la parte inferiore de’ tempî, e spesso ancora i luoghi annessi agli stessi, siccome i portici, le sagrestie, ed i chiostri. Il nostro tempio n’ebbe grandissima copia.»

Scrive Oddo: “Entrando nella Basilica di Monreale, si è immediatamente colpiti dall'estensione e dagli effetti di luce e di colore del manto musivo, che ricopre la parte alta delle pareti e delle strutture murarie, con immagini sulla storia del mondo, dalla sua creazione all'avvento e al diffondersi del messaggio evangelico di redenzione. Lo sguardo si perde nella contemplazione ed esita a volgersi altrove. Ma quando ciò accade, quando si riesce a fissare lo sguardo altrove, si scopre un diverso repertorio di immagini e un'opportunità di esperienza estetica, più sottile e ragionata, meno vistosa e coinvolgente della prima: è il repertorio delle composizioni in opus sectile a motivi geometrici”.

Scrive il professore Oddo: in relazione ai suoi studi sulla decorazione di tipo cosmatesco del Duomo di Monreale: “L’esigenza di correlare numericamente gli elementi della rappresentazione non è espressione, esclusiva e strumentale, di mera ricerca di aderenza al vero ma, piuttosto, di un’esigenza di filosofia di gestione razionale della forma, che rimette agli effetti della coordinazione numerica l’elevazione dell’enunciato al rango di formulazione più dotta”.

E ancora:

Nel campo della decorazione pittorica della Basilica, il tessellatum e il sectile sono le uniche tecniche impiegate nell'esecuzione del programma di opere. Dall'osservazione delle rispettive zone di applicazione si evince che la scelta ha seguito criteri che presuppongono - ad imitazione della più antica Cappella Palatina di Palermo e della Martorana - la divisione dello spazio in due metà sovrapposte, quasi due valve, trattate, ciascuna, con propri repertori iconografici e secondo l'una o l'altra delle due tecniche:

a. opus tessellatum nella parte alta dei piani murari, sugli intradossi dei fornici e delle volte, con figurazioni di tipo narrativo e realistico [episodi e personaggi del Vecchio e Nuovo Testamento];

b. opus sectile nella parte bassa, con figurazioni a motivi rigorosamente geometrici”. 

E poi:.

L’uso di un repertorio di pezzi di diverse forme geometriche, determinando una parcellizzazione disuniforme, ma geometricamente ordinata, della superficie, comporta evidentemente una modalità di fruizione dell’opera opposta rispetto a quella del tessellatum.

Il sectile ( l’espressione “mosaico in opus sectile” definisce una tecnica basata sull’impiego di elementi minuti, di varie forme geometriche - triangoli, quadrati, rettangoli, rombi etc. -, perfettamente tagliati e riuniti in composizioni compatte e senza interstizi) è un’opera da leggere, il tessellatum da osservare; una crusta a forma geometrica ha un effetto di forte polarizzazione, che obbliga l’occhio e l’attenzione dell’osservatore a sostare, analiticamente, su di sé, a valutarne i rapporti con le crustae contigue, rinviando la ricerca del rapporto tra la parte e il tutto; ogni tessera, al contrario, ha un’azione respingente, che sollecita l’osservatore alla ricerca del senso complessivo dell’immagine (…)Il complesso delle 466 soluzioni figurative è costituito da composizioni a motivi rigorosamente geometrici, di tipo modulare, ossia basate sull’aggregazione multipla di unità, figurativamente e metricamente identiche per tutta la lunghezza della fascia, elaborate assemblando minute crustae di diverse forme geometriche, secondo un procedimento di realizzazione dell’opera musiva detto a tecnica indiretta”.

Disegni tratti dallo studio di Oddo:

Applicazione della tipologia ottagonale in aggregazioni monoassiali e biassiali.

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Figura. 1 Primo Quadrato. 2 Secondo Quadrato. 3 Sovrapposizione concentrica. 4. Sovrapposizione eccentrica.

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Bibliografia e sitografia

www.oddogiuseppe.it/

Priori G. (2008) Architetture frattali. Edizioni Kappa

Tatarkiewicz W. (1979) Storia dell’Estetica. Vol2 L’estetica medioevale. Einaudi